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Perché avvocati e magistrati hanno la toga nera?

Perché avvocati e magistrati hanno la toga nera?

È diventata un simbolo della loro funzione e la impone un regio decreto del 1865, ma l’origine risale all’epoca romana

In Italia avvocati e magistrati indossano la toga nera perché lo dice la legge. O meglio, lo stabilisce un regio decreto, il numero 2641 del 14 dicembre 1865, che dice:

Le divise di tutti indistintamente i funzionari della magistratura giudicante e del ministero pubblico si compongono di zimarra nera, con cintura di seta guernita di nappine, toga di lana nera con maniche rialzate e annodate alle spalle con cordoni, tocco, ossia berretto nero, e collare di tela batista.

[…]

Nelle pubbliche udienze delle corti e dei tribunali gli avvocati patrocinanti indossano le seguenti divise: toga di lana nera alla foggia di quella prescritta per i funzionari giudiziari, ma abbottonata sul davanti con maniche orlate di un gallone di velluto nero, rialzate e annodate sulle spalle con cordoni e nappine di seta nera; hanno il tocco di seta nera fregiato di un gallone di velluto nero, e il collare di tela batista.

In realtà la storia della toga nera è ancora più antica e risale all’epoca romana. Allora i cittadini maschi e liberi, cioè non schiavi, che svolgevano determinate funzioni portavano un drappo sopra la tunica: veniva annodato sopra la spalla sinistra per avvolgere il corpo e passato sotto l’ascella in modo che il braccio restasse libero. Era un simbolo di potere, la indossava chi esercitava funzioni pubbliche di una certa importanza.

Nel Medioevo la toga ebbe ancora di più un significato distintivo, diventando quasi una uniforme. La indossavano medici, professori, notai, avvocati. Con il tempo molte professioni ne hanno progressivamente abbandonato l’uso, mentre per gli avvocati la tradizione è rimasta tanto da essere poi disciplinata per legge. Gli avvocati dovrebbero indossarla nel corso delle pubbliche udienze delle corti e dei tribunali e di fronte ai consigli degli organi rappresentativi dell’avvocatura, pena una sanzione disciplinare.

Le toghe vengono indossate nelle udienze penali perché sono pubbliche, mentre le udienze civili non lo sono. Si indossano anche quando gli avvocati devono patrocinare una causa davanti alla Corte di Cassazione o al Consiglio di Stato. Il colore nero fu scelto innanzitutto per una questione pratica, perché le tele colorate non erano sempre così facili da reperire, ma anche perché era il colore dell’autorità e del potere.

Anche la cosiddetta “cordoniera” ha una precisa importanza simbolica. Quella colorata di oro e nero è riservata agli avvocati cassazionisti mentre gli altri hanno la cordoniera color argento e nero. Gli avvocati non indossano cordoniere interamente di colore oro perché sono riservate ai magistrati (ma i magistrati di prima nomina ce l’hanno di color argento). La cordoniera rossa infine è riservata agli avvenimenti accademici.

Non c’è solo l’obbligo di legge. Per gli avvocati la toga è un simbolo della loro funzione. Vengono spesso ricordate le parole di Piero Calamandrei, tra gli autori del codice di procedura civile:

Avvocato sommo è colui che riesce a parlare in udienza colla stessa semplicità e la stessa schiettezza con cui parlerebbe al giudice incontrato per via: colui che, quando veste la toga, riesce a dare al giudice l’impressione che può fidarsene come se fosse fuori udienza.

Passando a cose assai più pratiche, gli avvocati le toghe se le devono comprare perché sono liberi professionisti, ma la stessa cosa capita ai magistrati che invece sono dipendenti pubblici. Nei siti specializzati, ma anche su Amazon, se ne trovano di tutte le fatture e di tutti i materiali. Ci sono le toghe in poliviscosa che non si sgualciscono, con annessa pettorina e borsa porta toga in vendita a poco più di 270 euro. E le toghe “lux” che costano anche più di 500 euro. Ci sono quelle su misura e quelle con il nome ricamato. Possono essere in misto lana e viscosa, in lana e seta, in fresco lana, in viscosa ed elastam. Ci sono quelle con la lavorazione a piegoline, sulla schiena e sulla manica, e quelle in tessuto ecologico in fibra di eucalipto.

La pettorina bianca ha solo una funzione stilistica, può essere chiusa, aperta, semplice, ricamata, con bordi in seta, di puro lino: i prezzi sono tra 40 e 100 euro. Il prezzo delle cordoniere si aggira attorno ai 50-60 euro.

Quanto a obblighi nell’abbigliamento, nel Regno Unito gli avvocati hanno una regola in più. Dal 1660 indossano le parrucche. Le impose re Carlo II che restaurò la monarchia dopo la repubblica di Oliver Cromwell, che aveva tagliato la testa a suo padre, Carlo I.

Parrucche utilizzate nei tribunali inglesi (Getty)

Allora le parrucche erano utilizzate da tutti i membri dell’alta società: erano fatte di capelli umani ma anche di crine di cavallo o di capra, più economiche, ricoperte di cipria o di farina di riso per dare il colore bianco o grigio, ed erano profumate con essenze all’arancio o alla lavanda. Oggi le parrucche degli avvocati inglesi sono in crine di cavallo, non vengono più adottate in paesi del Commonwealth come Australia e Canada mentre resistono in alcuni paesi africani come retaggio del colonialismo britannico. Resistono nel Regno Unito anche se in molti si battono contro questa tradizione, obiettando che la parrucca dia l’idea di una distanza incolmabile tra avvocati e il mondo dei cittadini comuni che devono rappresentare.

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Il progetto di dare un futuro alle detenute favorendo il loro ingresso nel mondo lavorativo ha avuto un importante sviluppo nel 1997 quando viene aperto un laboratorio di sartoria esterno al carcere per consentire alle persone detenute di poter continuare il proprio lavoro dopo il fine pena o in misura alternativa alla detenzione. A questa iniziativa, è seguita nel 2005 l’apertura di un secondo laboratorio all’interno del carcere di Bollate e nel 2013 un terzo laboratorio interno al carcere di Monza.
I laboratori di sartoria si sono inizialmente indirizzati verso la sartoria teatrale (il Teatro alla Scala di Milano è stato uno dei primi clienti della cooperativa) e successivamente verso la sartoria artigianale (per l’abbigliamento femminile) e l’arredo tessile. Da queste attività nascono i due marchi  della cooperativa: Gatti Galeotti per gadget, shopper e arredo tessile e SartoriaSanVittore per l’abbigliamento femminile, in vendita presso il negozio di via Gaudenzio Ferrari 3 a Milano. Un terzo marchio, SociallymadeinItaly, promuove la partnership con i marchi della moda italiana, creando collaborazione sia nella fase di formazione che di produzione.  Un settore importante di produzione riguarda la sartoria forense: attualmente vengono prodotte circa 500 toghe all’anno per Avvocati e Magistrati.
Dal 1997, anno di apertura della sede esterna, ad oggi, sono circa 200 le donne detenute che hanno potuto usufruire di misure alternative alla detenzione per lavorare all’esterno presso la cooperativa, con due soli casi di recidiva, dato che di nuovo evidenzia la necessità di programmi volti all’inserimento delle persone detenute per fare sì che la pena sia effettivamente rieducativa.
La  Cooperativa Alice non ha fine di lucro e si concentra su forme innovative di impresa sociale che coniugano l’equità economica alla solidarietà: in questo modo Alice tocca e affronta le due sfere, quella dell’impresa e quella della responsabilità sociale, nella costante ricerca di un delicato equilibrio.

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A Cooperativa Alice il Premio Europeo Donna Terziario

A Cooperativa Alice il Premio Europeo Donna Terziario


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ooperativa Alice ha ricevuto il Premio Europeo Donna Terziario, destinato da Confcommercio Milano alle imprenditrici che si sono maggiormente distinte per la loro attività. Insieme a Luisa della Morte responsabile di Cooperativa Sociale Alice che ha ricevuto una menzione speciale per l’attività all’interno del carcere di San Vittore, sono state premiate la milanese Riccarda Zezza per MAAM-La matenità è un master, programma digitale di formazione; la polacca Olga Kozierowska per “Success Written in Lipstick”, organizzazione che dà supporto alle donne imprenditrici e la belga Isabella Leonarduzzi per Jump, impresa sociale impegnata a colmare il divario tra donne e uomini sul lavoro.

IL VIDEO

Cooperativa Alice per Donne Oltre le Mura

Cooperativa Alice per Donne Oltre le Mura

Donne Oltre le MuraDonne Oltre le Mura è un progetto rivolto a donne e persone particolarmente vulnerabili, sottoposte a provvedimenti dell’Autorità giudiziaria o a fine pena, ristrette negli Istituti Penitenziari di Bollate e San Vittore o in carico all’UEPE.
È promosso da una rete di partner che ha già collaborato insieme, interessata a promuovere e migliorare i percorsi delle donne dentro e fuori dal carcere con l’obiettivo di ampliare le opportunità di inclusione sociale, formativa e lavorativa attraverso:
• percorsi personalizzati di reinserimento individuale e lavorativo mirati sulle risorse e competenze individuali ; accoglienza abitativa temporanea, laboratori socializzanti e propedeutici all’inserimento lavorativo realizzati presso Cascina Cuccagna;
• potenziamento, all’interno del carcere, del laboratorio tessile e ampliamento della possibilità di inserimenti lavorativi nelle attività di sartoria (San Vittore e Bollate) e nelle attività di controllo qualità (carcere di Bollate);
• informazione e sensibilizzazione sul tema. È un progetto pensato per le donne. Grande cura sarà attribuita al sostegno e all’accompagnamento territoriale con l’obiettivo dell’inclusione sociale, del recupero dei legami familiari, della socialità e dell’accompagnamento al lavoro: attraverso l’inclusione sociale è possibile, infatti, ridurre le recidive, limitare i percorsi di devianza, aumentare il benessere delle persone.

Donne Oltre le Mura
Per maggiori informazioni http://www.fse.regione.lombardia.it

È un progetto realizzato in partnership con:
Donne Oltre le Mura

 

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SposaMI a Fa’ la Cosa Giusta

SposaMI a Fa’ la Cosa Giusta

Dal 23 al 25 marzo, Cooperativa Alice e Sartoria SanVittore vi aspettano a Fiera Milano City per Fa’ la Cosa Giusta, la fiera del consumo critico e degli stili di vita diventata ormai un appuntamento immancabile per tutti i milanesi e non solo.
Saremo nell’area Turismo Consapevole e Percorsi allo stand Pad 3 PE21 di SposaMI, un progetto i matrimonio civile e solidale di cui siamo parte, messo a disposizione dal Comune di Milano per le coppie che scelgono per le proprie nozze o altre cerimonie i suggestivi spazi di Villa Scheibler a Quarto Oggiaro.

Fa' la Cosa Giusta

Oltre agli ambienti  per la cerimonia, SposaMI propone l’accurato servizio di ristorazione di Cooperativa Via Libera e i bellissimi abiti da sposa artigianali realizzati da Cooperativa Alice con il marchio Sartoria SanVittore.
Con le informazioni sullo speciale servizio di wedding planner, la visita allo stand di SposaMI sarà l’occasione assistere alle rappresentazioni di un matrimonio civile con tanto di sposi e banchetto, curate dai ragazzi del Beccaria di Associazione Puntozero, che si svolgeranno per tutte le giornate di sabato 24 a domenica 25 a partire dalle 10.30.
Nello stand verrà anche data dimostrazione di come vengono realizzate le bomboniere.
Previsti anche assaggi di torta e spumante, il sabato e la domenica, a pagamento.

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Donne che aiutano le donne: Rosa Genoni oltre le sbarre

Donne che aiutano le donne: Rosa Genoni oltre le sbarre

Venerdì 9 marzo, Cooperativa Alice porterà la testimonianza della sua esperienza nelle carceri di San Vittore e Bollate nell’evento dedicato a Rosa Genoni nell’ambito della VII edizione di “L’Europa è per le donne”.
Ecco il programma della giornata:

Parlamento Europeo
Ufficio d’informazione a Milano
Corso Magenta 59 Milano
VII edizione di “L’Europa è per le donne”
9 marzo 2018 – ore 15-18

DONNE CHE AIUTANO LE DONNE: ROSA GENONI OLTRE LE SBARRE
L’esperienza di Associazione Irene e Cooperativa Alice San Vittore portate alla ribalta dalla mostra “Rosa Genoni 1867-1954. Una donna alla conquista del ‘900 per la moda, l’insegnamento, la pace e l’emancipazione” all’Archivio di Stato di Milano fino al 17 marzo 2018. Con riferimento alla recente esperienza del carcere di Pozzuoli con Marinella e Cuccinelli, la moda si conferma motore di solidarietà sulle orme della filantropia del secolo scorso quando Rosa Genoni nel 1928 fondò un laboratorio di sartoria, un asilo nido e successivamente un ambulatorio ginecologico per le detenute di San Vittore.

SCALETTA

15.00 Elisabetta Invernici – Introduzione

15.15 Raffaella Podreider – Testimonianza biografica: Rosa Genoni e il laboratorio di sartoria in San Vittore

15.45 Elisabetta Invernici – Rosa Genoni e l’emancipazione femminile attraverso la moda

16.00 Luisa Della Morte e Alessandro Brevi – Cooperativa Sociale Alice – La moda in carcere ieri e oggi

16.30 Valentina Marchioni – Associazione Irene – Cucire per farsi del bene

17.00 Marcella Inga – Coro “Il mio canto libero” Casa delle Donne – brani tratti dal repertorio dei canti popolari italiani che raccontano il lavoro femminile nei primi del ‘900.